Brasile, virus e vaccini

Teresa Isenburg

Il Brasile sta vivendo giorni e settimane di estrema tensione istituzionale, sanitaria, socio-economica. Gli effetti del malgoverno antidemocratico, antisociale, antiscientifico si accumulano e producono negative conseguenze sinergiche di destabilizzazione.

Ma ieri, sabato 29 maggio è stata una giornata importante e foriera di speranza. Dopo 15 mesi di isolamento domestico le manifestazioni di piazza hanno ricominciato per iniziativa dei movimenti sociali coordinati nella CMP/Central de Movimentos Populares, di partiti e sindacati.

Per lunghi mesi la prudenza sanitaria aveva imposto di non indire manifestazioni, ma il livello insostenibile e mortale della politica del governo impone di riprendere l’iniziativa di lotta come già è avvenuto in diversi paesi di America Latina devastati da pandemie e irresponsabilità degli esecutivi. Così ieri oltre 400.000 cittadin*, tutt* con maschera e con un non perfetto distanziamento, hanno invaso le strade di 213 città della Federazione e di 14 all’estero.

A San Paolo la partecipazione è stata gigantesca, come dimostrano le foto riprese dall’alto dell’Avenida Paulista pubblicate da The Guardian, fedele alla tradizione britannica di una informazione corretta. La stampa mainstream brasiliana invece rimane fedele al nascondere le notizie che non le piacciono.

Moltissimi, anzi prevalenti, giovani e uomini e soprattutto donne fra i 40 e i 50, tutti con cartelli fatti a mano con parole d’ordine brevi e chiare: fuori Bolsonaro genocida, vaccino nel braccio cibo nel piatto, vaccini subito, vaccini e educazione, aiuto di emergenza subito. La grande partecipazione è anche collegabile alle notizie, che diventano di pubblica conoscenza grazie alla CPI/Commissione parlamentare di inchiesta, sulle scelte del governo non solo di boicottare il contenimento del virus, ma addirittura di promuovere un’azione di diffusione dello stesso per raggiungere la famigerata immunizzazione di gregge che ha portato a 461.000 decessi (molti di giovani e anche di bambini, gravide e puerpere) con 45 milioni di prima dose di vaccino e 21 milioni di seconda dose inoculati.

Al momento i principali punti di tensione sono: 1) la CPI su Covid-19; 2) l’attrito fra Bolsonaro e le forze armate, in particolare l’esercito; 3) l’apertura di indagini sul ministro dell’ambiente Riccardo Salles. Provo a dare qualche informazione al riguardo. Mi scuso per la lunghezza del testo, ma ci vuole un minimo di descrizione per rendere comprensibile la situazione che continua ad essere surreale.

1)La CPI/Commissione parlamentare (https://www12.senado.leg.br/noticias) Su richiesta di un gruppo ampio di senatori di opposizione al governo a metà aprile 2021 il Senato federale ha approvato la costituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta con lo scopo di “appurare, nel tempo di 90 giorni, le azioni e omissioni del Governo Federale nell’affrontare la Pandemia del Covid19 in Brasile e specificamente l’aggravamento della crisi sanitaria nello Stato di Amazonas con la assenza di ossigeno per i pazienti ricoverati”.

A questa richiesta iniziale altro gruppo di senatori vicini al governo ha chiesto e ottenuto l’inserimento di un ampliamento dell’indagine “ a possibili irregolarità … compiute utilizzando risorse provenienti dall’Unione Federale , così come altre azioni o omissioni commesse dagli amministratori pubblici federali, statali e municipali, nel rapporto con la cosa pubblica, durante il permanere della calamità”. Questa aggiunta ha lo scopo di spostare l’attenzione dalla criminale politica sanitaria dell’esecutivo federale a possibili atti illeciti dei governatori degli Stati per fare ricadere su di essi le responsabilità.

Così il 27 aprile si è insediata la commissione composta da 11 titolari e 7 supplenti, tutti uomini, cosa che ha immediatamente aperto discussioni risolte (si fa per dire) inserendo alcune senatrici con il solo diritto di parola e domanda, ma senza diritto di voto. Nulla di nuovo sotto il sole, situazioni che si ripetono a nord e a sud dell’equatore e che vengono poi malamente rabberciate.

A partire dal 4 maggio sono iniziate le audizioni, in linea di massima tre giorni alla settimana. Come evidente, il lavoro della commissione è importante per capire che cosa è successo: infatti, come si sa, nelle deposizioni vi è l’obbligo sotto giuramento di dire la verità, correndo il rischio di incriminazione in caso di falsa testimonianza e omissione intenzionale. Al momento sono state ascoltate le seguenti persone: i ministri della salute passati e in carica: i dr. Luiz Henrique Mandetta e Nelson Teich, il generale in servizio (cioè non della riserva) Eduardo Pazuello, il dr. Marcelo Queiroga, attuale titolare. Gli ultimi due hanno fornito deposizioni valutate con diversi punti non veritieri e verranno chiamati di nuovo. Il gen. Pazuello, inoltre, aveva ottenuto dal Supremo tribunale federale/STF un habeas corpus che gli consentiva sia di rimanere in silenzio, sia di evitare incriminazione in caso di falsa deposizione.

Sempre nell’area di governo sono stati sentiti Fabio Wajgarten, ex segretario di comunicazione della presidenza della Repubblica, al quale vengono attribuite responsabilità per campagne pubblicitarie non adeguate e anzi volte a minimizzare la gravità della pandemia e a appoggiare l’uso di farmaci (come clorochina, tradizionale prodotto chimico per il contrasto alla malaria, o altri presidi sanitari utilizzati per patologie differenti) inefficaci o dannosi affermando che erano adatti a un “trattamento precoce” (?) assolutamente negato dalla ricerca medica. Ha deposto anche la dr. Mayra Pinheiro, medico, segretaria di Gestione del lavoro e educazione del Ministero della Salute nota per la sua difesa e propaganda ostinata della clorochina e per il suo intervento in loco durante la crisi sanitaria nello Stato di Amazonas a dicembre 2020-gennaio 2021. In quest’ultimo caso i professionisti del gruppo di controllo delle affermazioni fatte dai convocati hanno riscontrato 12 menzogne, cioè affermazioni che non quadrano con fatti verificabili e verificati.

Infine è stato convocato l’ex ministro delle relazioni internazionali Ernesto Araujo, la cui gestione dell’Itamarati ha portato a ripetute difficoltà nei rapporti con altri paesi che hanno avuto ricadute anche sulla conduzione di acquisti e importazione di materiale medico e sanitario indispensabile per fare fronte alla pandemia. La sua deposizione ha ripetutamente negato fatti documentati, come ad esempio di non avere mai attaccato la Cina, cosa invece confermata da articoli pubblicati e affermazioni pubbliche.

Un altro gruppo di deposizioni ha coinvolto responsabili a livello tecnico- amministrativo o imprenditoriale nella filiera di acquisizioni di vaccini. Hanno parlato il direttore- presidente della Anvisa (Agenzia nazionale di vigilanza sanitaria), contrammiraglio della riserva, il medico Antônio Barra Torres che ha spiegato con appoggio di atti formali le motivazioni delle scelte dell’Anvisa nella autorizzazione o meno di importazione e uso di vaccini, in particolare per Sputnik V, che non è stato per il momento accettato a causa di infomazioni considerate non complete.

Particolarmente interessanti e documentate sono state le deposizioni del direttore della Pfizer in America Latina Carlos Murillo e del direttore dell’Istituto Butantan di San Paolo Dimas Covas, cioè dei rappresentanti di industrie produttrici di vaccini. Entrambi questi dirigenti hanno raccontato storie indipendenti l’una dall’altra, ma con punti in comune. A luglio 2020 il dr. Covas proponeva al Ministero della Salute la consegna di 60 milioni di dosi nel 2020 qualora si chiudesse un contratto rapidamente in modo da ottenere dalla cinese Sinovac la materia prima necessaria alla lavorazione negli impianti di San Paolo. L’offerta venne reiterata diverse volte e sembrava che dovesse giungere in porto verso il 20 ottobre, ma a quel punto una dichiarazione pubblica di Bolsonaro che mai avrebbe comprato vaccino cinese definito non affidabile interruppe le trattative. Solo a gennaio si giunse alla firma di un contratto fra Istituto Butantan e Ministero della Salute, ma ormai in condizioni internazionali cambiate dal momento che l’alta domanda mondiale di vaccini determinava carenza di materia prima e conseguenti ritardi. In ogni modo il 17 gennaio iniziava in Brasile la vaccinazione attraverso lo sperimentato e ben funzionante PNI (Piano nazionale di immunizzazione) e a tutt’oggi oltre 80% dei vaccini applicati nel paese sono del Butantan.

Le vicende della Pfizer sono state simili: la multinazionale faceva la prima offerta il 14 aprile, con scadenza di risposta entro 15 giorni, di 70 milioni di dosi da consegnare a partire da dicembre 2020. Seguirono diverse comunicazioni da parte di Pfizer ripresentando l’offerta, incluse lettere al presidente e al ministro della salute, che non ricevettero risposta. Così l’occasione di organizzare il paese con una certa solerzia per una vaccinazione ampia svanì.

Infatti al momento attuale la Cina, maggior fornitore di materia prima, è sotto forte pressione e consegna lentamente (anche alla Fondazione Fiocruz che lavora con AstraZeneca), mentre l’India che ospita industrie molto importanti ha la sua situazione interna di contagio drammatico e ovviamente cerca di proteggere in prima battuta i propri cittadini.

Mi permetto un’osservazione personale. C’è infatti una domanda alla quale non trovo risposta: perché la potente Unione Europea non ha organizzato un consorzio di imprese chimico-farmaceutiche finanziato con i molti soldi di cui dispone per produrre grandi quantità di vaccini per i propri paesi aderenti e per il mondo e ha lasciato il campo libero ad altri, in particolare imprese statunitensi? Mi sembra strano che non avesse le condizioni tecnico-scientifiche per questo fine opportuno sotto molti punti di vista.

Dalle informazioni che emergono alla luce di questo primo blocco di audizioni si possono cominciare a trarre alcune considerazioni. Il Brasile per la sua situazione economica e per la sanità pubblica di cui dispone avrebbe potuto attivare assai presto, cioè verso fine 2020, una vasta campagna di vaccinazione. Questo non è avvenuto per scelte dell’esecutivo federale che, in disprezzo delle evidenze scientifiche e mediche, ha considerato (o finto di ritenere) la pandemia una piccola influenza e ha optato ad ottenere una immunizzazione generalizzata diffondendo il virus per aumentare i contagi fino a raggiungere una maggioranza di cittadini protetti da anticorpi prodotti dalla malattia stessa. Per questo fine sono stati impediti gli acquisti di vaccini, è stata sabotata la propaganda e l’educazione all’uso e al rispetto delle misure non farmacologiche (mascherine, distanziamento, igiene) e è stata invece sostenuta in molti modi la falsa credenza che alcuni farmaci di facile reperimento e basso costo come clorochina e altri potessero produrre un “trattamento precoce” disincentivando ulteriormente il comportamento individuale prudente.

Inoltre si può ipotizzare che nella inumana crisi di Manaus e Amazonas è stato probabilmente tentato un esperimento di massa di tale indirizzo (immunizzazione di gregge e “trattamento precoce”) utilizzando anche applicativi improbabili sulla popolazione trattata, secondo alcuni senatori, come cavia. Questo insieme di azioni hanno avuto nel presidente della Repubblica e in altri esponenti di primo piano i massimi propagandisti con un forte impatto nel comportamento di parte significativa della popolazione. Anche alcune delle grandi chiese pentecostali e neo pentecostali hanno contribuito a questa pressione di persuasione anti scientifica sia disincentivando la fiducia nella vaccinazione (addirittura nelle terre indigene dove in modo anticostituzionali agiscono missionari) sia promuovendo agglomerazioni per funzioni religiose.

Aleggia il sospetto che sia esistito (e forse ancora esista) un ministero della salute parallelo formato da persone che condividono l’opinione presidenziale e che costituiscono un gruppo di consiglieri non inquadrati nell’organigramma regolare. Anche su questa zona d’ombra la CPI sta lavorando per fare luce. Sul piano economico la situazione è pessima, con ritorno di massa a indigenza estrema che diventa fame e abbandono.

Quanta di questa devastazione avrebbe potuto essere evitata con una gestione politico-sanitaria responsabile? Per chi si orienta nel mondo in base a principi di realtà non è facile capire e darsi una spiegazione. Ma credo che bisogna prendere molto sul serio l’avanzare della logica o ideologia della postverità che prescinde appunto dai dati di realtà. Siamo in un mondo in cui molti credono che la terra sia piatta e questo non va sottovalutato. Il problema al momento è che persone con tali idee (terra piatta, la pandemia è un progetto di potere per dominare il mondo, il Covid è una piccola influenza ecc. ecc.) acquistano consenso e giungono ad occupare posizioni apicali di potere trascinando in un abisso di sofferenze intere popolazioni.

Non è dato sapere al momento quali conseguenze politiche porterà il lavoro di informazione e ricostruzione degli accadimenti e delle responsabilità personali compiuto dalla CPI su Covid. Ma essa costruisce già da ora un archivio al quale fare riferimento per non perdersi nel labirinto delle fake news.

2) In questo clima di tensione, disastro e infinita sofferenza molto superiore a quella che le condizioni complessive avrebbero permesso di evitare, si è aperta una faglia di attrito fra Bolsonaro e gli alti comandi delle forze armate. È un tassello ulteriore della politica del caos che costituisce strategia trainante dei governi di estrema destra che in questo periodo non mancano. I militari sono uno dei tre gruppi consistenti e incrollabili ai quali Bolsonaro si appoggia; gli altri due sono i dirigenti delle megachiese pentecostali e neopentecostali e le milizie, potenti soprattutto a Rio de Janeiro.

Perché le forze armate si siano arruolate in questo disastrato percorso non è facile spiegare. Ovviamente per vicinanza ideologica (ordine, gerarchia, religione, famiglia, ruolo domestico della donna ecc. ecc.), ma anche per interessi materiali e privilegi non piccoli. Non si vede un progetto di un qualche spessore che riguardi il paese. Ma non si può non rilevare che oltre 3000 ufficiali occupano posti di alto o medio-alto livello nell’esecutivo, ciò che assicura elevati salari dal momento che, fra i molti privilegi, i militari possono cumulare stipendio e retribuzione per incarico istituzionale. Fin da subito la nomina del generale Eduardo Pazuello a ministro della salute ha creato problemi perché egli non ha seguito la pratica di passare alla riserva nell’assumere una responsabilità politica. La conduzione disastrata del ministero si riverbera in modo negativo sull’esercito. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la partecipazione molto appariscente di Pazuello accanto al presidente in una iniziativa a Rio con un corteo di motociclette. Ai militari in servizio è tassativamente proibito partecipare a iniziative politiche, ciò che comporta sanzioni pesanti. Bolsonaro cerca di imporre le proprie volontà alle forze armate: già il 20 aprile 2021 la sostituzione del comandante dell’esercito generale Edson Pujol aveva prodotto, cosa anomala, le dimissioni dei comandanti di tutte le armi. L’interferenza attuale di Bolsonaro nella faccenda Pazuello, che il presidente vuole sottrarre alle punizioni previste dai regolamenti militari, produce malessere nelle forze armate che non possono mettere in discussione il rispetto della disciplina pena il caos nelle caserme. Difficile sapere quale sia la strategia di Bolsonaro, ma certo siamo lontani da qualsiasi comportamento rispettoso del dettato costituzionale.

3) Il terzo scenario di tensione riguarda la posizione del ministro dell’ambiente Ricardo Salles, già segretario dello stesso ramo nello Stato di San Paolo dove rispondeva ad un processo (poi nebbiosamente archiviato) per alterazione cartografica dei confini del parco naturale del Tietê per favorire attività estrattive. Il 19 maggio è stato investito da una ampia azione di perquisizione e sequestro lanciata dalla polizia federale contro di lui, contro diversi imprenditori del legname e parte della dirigenza (a cominciare dal direttore Eduardo Bim) dell’Ibama, il braccio operativo del ministero, con accusa di traffico internazionale illegale di legname.

Va ricordato che a metà aprile 2021 il sovraintendente della polizia federale dello Stato di Amazonas Alexandre Saraiva aveva già presentato denuncia contro Salles per interferenze a favore di trafficanti di legname. Saraiva veniva rimosso dall’incarico il giorno dopo. Ma l’operazione attuale parte da una denuncia che viene da organismi dell’amministrazione statunitense che hanno rilevato documentazione anomala (e sopattutto mancante) in partite di legname amazzonico. Dopo mesi che, sotto la direzione di Salles, l’Ibama viene sistematicamente indebolito, che l’Amazonia brucia come non mai, che la deforestazione raggiunge livelli altissimi, che le terre indigene vengono invase da gruppi organizzati e armati di garimpeiros (imprenditori minerari illegali), l’iniziativa della polizia federale è una buona notizia. Meno buono è il fatto che Ricardo Salles sia ancora al suo posto.

Clima complicato e teso, dunque, speranza e preoccupazione si affiancano. È compito delle forze democratiche brasiliane liberarsi della nera ombra fascista che ha oscurato l’orizzonte, ma anche la cosiddetta comunità internazionale occidentale attenta al rispetto dei diritti umani deve fare la sua parte e tenere gli occhi ben aperti, anche perché il negazionismo sanitario in un paese grande come il Brasile reca danno al mondo intero

Fonti: trasmissione in diretta delle sedute della CPI, Brasil 247, Brasil de Fato, Jornalistas Livres. Altri testi sulla situazione del Brasile su www.latinoamerica-on line.it.